Nel
2015, secondo il dossier della Caritas, oltre 850mila persone sono passate, risalendo dalla Grecia, per la Macedonia, la Serbia, la Croazia, la Slovenia e l’Ungheria. Per l’Alto Commissariato
Onu per i Rifugiati (Unhcr), in Serbia ci sono oltre 7000 migranti, rifugiati e richiedenti asilo (dato dicembre
2016). L’81% di questi si trova in un centro d’accoglienza governativo, mentre i restanti sono fuori accoglienza in campi senza riscaldamento, servizi igienici o assistenza. La maggior
parte arriva dall’Afghanistan ma ci sono anche pakistani e iracheni. Si tratta di molti giovani, tra i 16 e i 22 anni, giunti da soli attraverso la rotta via terra che passa per la Turchia e la
Bulgaria, che vorrebbero raggiungere il nord Europa (Francia, Germania o Norvegia); chi ci prova rischia di esser rimandato in Bulgaria, secondo quanto prevede il regolamento di Dublino, o
addirittura di essere espulso nel paese d’origine. I migranti bloccati in Serbia, sono abbandonati al gelo; intere famiglie vivono in tende sotto la pioggia gelata e quello che è più triste
e muove la mia coscienza, è l’immagine di bambini che non possono piú giocare e andare a scuola, con i piedi nudi sprofondati nella neve. Questi, già duramente provati, hanno traumi terribili e
se non vengono sostenuti, avranno una difficile ripresa fisica e psicologica. Proprio per questo, il lavoro dell’ UNCHR è oggi piú importante che mai. E se i giovani sono il futuro
della nostra Europa, è necessario non emarginarli nei centri d’accoglienza e renderli parte integrante di una societá sempre piu globalizzata e multietnica.
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